Giubileo della Misericordia 3a parte

GIUBILEO 3

LA SPIRITUALITA’ DEL PELLEGRINAGGIO

di Angelo Gasparro

  1. S. Giovanni Paolo II nella Bolla di Indizione del Giubileo dell’anno 2000, “Incarnazionis Mysterium”, afferma al n.7: “ Il pellegrinaggio è sempre stato un momento significativo nella vita dei credenti….Esso evoca il cammino personale del credente sulle orme del Redentore: è esercizio di ascesi operosa, di pentimento per le umane debolezze, di costante vigilanza sulla propria fragilità, di preparazione interiore alla riforma del cuore. Mediante la veglia, il digiuno, la preghiera, il pellegrino avanza sulla strada della perfezione cristiana sforzandosi di giungere, col sostegno della grazia di Dio, – allo stato di uomo perfetto nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo – ( Ef.4,13 ).”

Il Papa dà grande importanza al tema tanto da scrivere una lettera “ Sul Pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza” in cui afferma: “..nella prospettiva dell’anno bimillenario dell’incarnazione, avverto forte il desiderio di andare personalmente a pregare nei principali luoghi che, dall’Antico al Nuovo Testamento, hanno conosciuto gli interventi di Dio, fino a raggiungere il vertice nel mistero dell’Incarnazione e della pasqua di Cristo”.

  1. Bisogna subito chiarire che il vero pellegrinaggio è quello a piedi, così come la tradizione biblica prima e poi la storia del cristianesimo l’hanno vissuto. Chi vuole compiere un pellegrinaggio in pienezza, facendo decantare tutte le passioni del mondo e la distrazione nella quale normalmente si vive, deve con coraggio prendere una decisione per l’esistenza. Il pellegrinaggio a piedi è una grande occasione per cambiare vita. L’Anno Santo si riduce a folklore o a un insieme di celebrazioni, di riti e di manifestazioni che non incidono sulla vita se personalmente non c’è un desiderio di cambiare vita.

  • Il cammino a piedi richiede innanzitutto un ritorno all’essenzialità e denuncia con evidenza il superfluo. Il pellegrino medioevale che ( per esempio partiva da Bordeaux e attraverso il sud della Francia percorreva la via Domizia e da Arles risaliva il Rodano per attraversare il passo del Monginevro, scendere quindi nella Valle di Susa e da lì portarsi verso Piacenza fino a Roma, per coloro che andavano in pellegrinaggio alla tomba degli Apostoli o fino a Brindisi dove si imbarcavano per la Terra Santa ) percorreva strade di montagna, attraversava paludi, vie di campagna e foreste infestate dai briganti, nel gelido dell’inverno o sotto un sole implacabile, sapeva che per affrontare la fatica e i pericoli di un lungo viaggio a piedi occorrevano poche cose ma essenziali. Una bisaccia per il pane e l’acqua, un mantello per coprirsi dal freddo e un cappello per ripararsi dal sole, un bastone per appoggiarsi o difendersi e un rifugio per la notte. Uno degli aspetti più liberanti del pellegrinaggio a piedi è il miracolo di accorgersi di ciò che veramente vale nella vita, perciò si può riconoscere ciò che è inutile e non serve per camminare verso il destino. Il pellegrino sperimenta che ciò che è superfluo diventa un ostacolo al cammino perché lo appesantisce e lo distrae dal suo interesse che è quello di raggiungere il luogo santo dove finalmente si incontrerà con la presenza di Dio.

  • I lunghi viaggi a piedi liberano gli occhi dalla cecità e li spalancano sulla realtà mentre riempiono di stupore il cuore. Il viandante lungo il cammino sperimenta la solidarietà di altri pellegrini giunti da orizzonti infiniti o quella di incontri casuali che riconoscono nel pellegrino il mendicante dell’assoluto. In una giornata dal cielo terso e azzurro il canto dell’allodola lo fa sentire parte della natura e di un cosmo dove tutto è al suo posto, perché all’inizio così ha voluto il Creatore. Mille piccoli fatti, ogni giorno, alimentano l’ascesi del cammino. La pioggia che cessa all’improvviso, l’incontro con un giovane passante, una cavalcatura che ti viene offerta quando i piedi gonfi e spesso sanguinanti non permettono più di proseguire, un rifugio dove ti accoglie una calda ospitalità e ridona le energie per il giorno dopo, il sapore di una minestra calda dopo una giornata di vento, una schiarita nel cielo che ti apre all’infinito, gli orizzonti sulle vallate dopo aver valicato le montagne. Il pellegrino trova nel cammino anche l’itinerario della via dolorosa, della via crucis. Il dolore per i propri peccati e l’offerta per una umanità sfinita dal male. Il procedere giorno dopo giorno ridona semplicità al cuore e finalmente è possibile chiamare ogni cosa con il proprio nome, come all’inizio, con i nomi che Dio aveva dato ad ogni creatura. Il viaggio è anche lotta contro la tentazione di tornare indietro o di fermarsi più del dovuto affascinati dai costumi delle terre che si attraversano. I tempi di marcia sono scanditi dalla preghiera che diventa domanda a Dio di sostegno nella fatica, di ringraziamento per uno scampato pericolo, di lode per la creazione e che si prolunga nella meditazione sul senso che le singole circostanze della vita hanno avuto nel costruire quella trama invisibile di cui Dio si serve per condurre l’uomo a riconoscere il suo Destino.

  • Il tempo del pellegrinaggio è un tempo tutto per Dio. E’ il tempo del fidanzamento, così amavano dire i profeti del cammino dei quarant’anni nel deserto. E’ un tempo tutto riempito dalla presenza misteriosa di Dio. E’ il tempo in cui il silenzio esteriore aiuta l’animo a una decantazione che permette una distanza dalle passioni o dagli inutili progetti perché l’animo più facilmente sa riconoscere che tutto è nelle mani del Mistero. Il tempo allora diventa ricerca del volto del Mistero perché senza Destino tutto è inutile. Le cose umane non hanno consistenza, “ sogno di un’ombra è l’uomo “ ( Pindaro, Ode Pitica VIII, 92s ).

  • L’identità del cristiano dunque è quella di essere pellegrino. Pellegrino dell’assoluto. Mendicante del Mistero. Non stupisce allora quello che il cronista del comune di Siena annotava nel descrivere il passaggio dei pellegrini diretti a Roma per il primo Anno Santo dell’anno 1300: “molti ne morì per lo santo viaggio per la moria che era “. il pellegrinaggio a piedi, non c’è dubbio, è un’umana avventura in cui l’uomo sperimenta tutta la precarietà della vita. Nell’abbandono delle sicurezze economiche e affettive si sperimenta una compagnia misteriosa in cui, come il popolo ebreo nel deserto, diventa evidente riconoscere che solo Dio è difensore dell’uomo e che Lui solo è indispensabile alla vita e che senza la Sua compagnia l’esistenza umana è votata all’inutilità e alla violenza. Un altro cronista di Modena fu colpito, per il medesimo pellegrinaggio, da un altro particolare: “molti giovani non avendo denaro per le cavalcature portavano sulle spalle i vecchi genitori “.

  • Questi sentimenti sono così espressi, ancora oggi, quando si recita, ogni domenica d’estate nella cappella romanica dell’ospizio d’Aubrac, la preghiera del pellegrino: “O Dio, che avete fatto partire Abramo dal suo paese e l’avete conservato sano e salvo attraverso i suoi viaggi, accordate ai vostri figli la stessa protezione. Sosteneteci nei pericoli e alleggerite il cammino. Siate per noi ombra contro il sole, mantello contro la pioggia e il freddo. Sorreggeteci nella fatica e difendeteci contro tutti i pericoli. Siate il bastone che evita le cadute e il porto che accoglie i naufraghi: cosicchè da voi guidati possiamo raggiungere, certi, la nostra meta e ritornare sani e salvi a casa”.

Social: